venerdì 7 novembre 2008

Ah...! La pubblicità!

A quanto pare un'azienda milanese ha deciso di ispirarsi a Fausto Bertinotti per commercializzare un porta cellulare e porta lettore mp3.
Il gadget sarà proposto in velluto a costine ed in tre colori.
Naturalmente potrà appendersi al collo.

Sempre secondo le ultime indiscrezioni un'altra azienda, questa volta dedita alla produzione di anticoncezionali, ha voluto omaggiare un altro grande statista con il suo prodotto di punta.
In base alle dichiarazioni dell'Amministratore Delegato di questa Azienda la decisione è stata presa perché il prodotto si adatta perfettamente allo stile, alla personalità ed alla "statura" dell'uomo politico.
La stessa Azienda ha aperto un sondaggio tra i consumatori per la scelta del nome del prodotto. Partecipiamo anche noi?

mercoledì 5 novembre 2008

Quelli che l’avevano detto

Posto riprendendo integralmente un articolo odierno di Marco Travaglio.

Il primo a sbilanciarsi, il 7 marzo, fu Gianfranco Fini: “Gli Stati Uniti non sono ancora pronti per un presidente nero”. Ma il momento decisivo per le sorti delle elezioni americane fu la discesa in campo di Giuliano Ferrara, stregato da Mc Cain, ma soprattutto da Sarah Palin: “L’abbiamo scoperta noi”, gongolava il Platinette Barbuto, noto esperto in fiaschi, esaltando le virtù profetiche del suo talent scout addetto alle catastrofi, Christian Rocca, già noto per aver annunciato il trionfo in Irak e per aver scoperto i neocon quando negli States non osavano più mettere il naso fuori di casa. Ecco, quello fu il momento della svolta per Obama. Lì fu chiaro a tutti che McCain era spacciato.

Per chi avesse ancora dei dubbi, provvidero a dissiparli gli interventi in extremis di due noti analisti padani, Roberto Castelli (“Mc Cain è una garanzia per la difesa della civiltà cristiana sotto attacco dei musulmani”) e Roberto Cota (“John offre maggiore sicurezza contro l’Islam”), nonché del noto stratega Maurizio Gasparri (“Dovesse vincere Obama, prenderei le distanze della Casa Bianca”). Non che la palma delle previsioni sballate sia un’esclusiva italiana. Ancora il 2 novembre John Zogby, “il guru dei sondaggi”, comunicava che “Mc Cain è in rimonta e può vincere, ormai ha superato Obama, 48 a 47%”. Ma i provincialotti italioti che scambiano le speranze per la realtà e pensano di orientare dall’Italia il voto americano, non ci han fatto mancare proprio nulla. Soprattutto sugli house organ di Berlusconi, che solo un mese fa passeggiava mano nella mano con l’amico Bush, lo sguardo rapito, il cuore palpitante, ripetendogli che “sei stato un grande, presto ti verrà riconosciuto, passerai alla Storia”, mentre persino George lo guardava scettico e persino McCain pregava il presidente più impopolare del secolo di non farsi vedere dalle sue parti.

Sull’immancabile sconfitta di Obama, il Giornale ha dato il meglio di sé. Mauro della Porta Raffo, il “gran pignolo” che fa le pulci ai giornali e ci azzecca sempre, ma con gli oracoli un po’ meno, non aveva dubbi: “Adesso vi dico: John Mc Cain il prossimo 4 novembre vincerà”. E Paolo Granzotto, entusiasta: “Resto anch’io dell’opinione che il vecchio eroe sbaraglierà il giovane vagheggino… Sarah Palin trascinerà Mc Cain alla vittoria”, anche per via della “veltronizzazione della campagna del damerino Obama: e con Veltroni, si sa, si va dritti alla sconfitta”. Insomma, “Mc Cain gli farà la festa”. Mario Giordano, rabdomante dal fiuto infallibile, produceva titoli del tipo: “Ecco perché la strana coppia Mc Cain-Palin può arrivare alla Casa Bianca”. E rimbeccava i lettori rassegnati alla vittoria di Obama: “Ma lei è così sicuro che vincerà Obama? Io ho qualche dubbio”. Immediatamente avvertito a Chicago, Barak faceva i debiti scongiuri. Anche perché, ad allarmarlo vieppiù, c’erano gli editoriali di Maria Giovanna Maglie, che ha con i dati elettorali lo stesso rapporto elastico dimostrato con le note spese alla Rai. La generalessa, che scrive con l’elmetto e il colpo in canna, non ci poteva proprio credere che gli americani votassero per quell’”estremista inesperto e poco capace”, “contrario infantilmente alle centrali nucleari”, uno che “ritirerebbe incoscientemente le truppe dall’Irak”, che “rappresenta solo una fetta minoritaria di radicali”, per giunta negro, tant’è che “gli elettori democratici sono i primi a dubitarne”, ma “dubitano pure gli indecisi, gli indipendenti, i fan di Hillary”. Mentre “Old John” (così lei chiama McCain, nell’intimità) “parla da Presidente”, “può vincere le elezioni perché è un candidato credibile” e poi “ha trovato un vice ideale in Sarah Palin, la donna tutta valori, determinazione e capacità oratoria”, ma soprattutto “è pronto a costruire 45 centrali nucleari e aumenterebbe le truppe in Irak”, dunque “io dico che ce la fa”, “nonostante il can can dei media nazionali e internazionali”, tutti in mano al Comintern. Se invece “dovesse farcela Obama, sarà una vittoria di misura” (infatti avrà la maggioranza parlamentare più ampia dalla notte dei tempi). La Maria Giovanna lo vedeva già alla Casa Bianca, l’amato Old John: “Da presidente ridurrà il potere di Washington e, da vero patriota, difenderà la sicurezza degli Usa”. Pazienza, la difenderà da casa. Ma, nei momenti di sconforto, potrà sempre consolarsi con qualche visita di Maria Giovanna Maglie.

Anche il Foglio ci ha lasciato pagine indimenticabili, tutte sull’inevitabile disfatta del nero Barak. Il Platinette, dall’America, ispirava titoli tambureggianti: “Ed è subito Sarah”, “Vi fareste governare da Obama?”, “Perché l’idraulico Joe è il miglior alleato del soldato Mc Cain”. Sotto, le meglio firme del bigoncio si esercitavano nell’arte dell’oracolo.

Marina Valensise, altra neocon de noantri, credendo di farle un complimento, scriveva che “la Palin somiglia alla nostra Gelmini: una tigressa dura, determinata, sicura di sé, temprata dal gelo polare, travolgente come un animale selvaggio… una mamma che si batte contro un parolaio idealista”. Stefano Pistolini la definiva “l’ultima arrivata, forse la predestinata”. Infatti, è stata la palla al piede del povero McCain. Ma Christian Rocca, lo scopritore: “La Palin è un Obama al quadrato”, donna dall’”appeal a tratti profetico e messianico”, un incrocio fra “Bob Dylan e Erin Brockovich”, come pure il suo presunto gemello Barak, insomma “pare lei la candidata presidente e Mc Cain il suo vice”. E Obama: per l’esperto Rocca, “il candidato perfetto per una serie televisiva”, “elitario, intellettuale, troppo di sinistra e incapace di connettersi con il paese”, una “bolla che potrebbe sgonfiarsi rapidamente” visto che “da mesi viene rifiutato stato dopo stato, primaria dopo primaria, dalla working class del suo stesso partito, dai poveri, dagli ispanici, dai cattolici, dagli anziani, dalle donne, dagli ebrei e da qualsiasi categoria sociale e razziale a cui non appartengano afroamericani, studenti, intellettuali, miliardari, divi di Hollywood e fighetti”. E queste - si badi bene - “non sono opinioni”. Tiè. Resta da capire chi diavolo abbia votato per Obama. All’insaputa di Rocca fra l’altro.

martedì 4 novembre 2008

In attesa del ritorno del padrone di casa....

Alla fine della lunghissima campagna elettorale, gli americani corrono un grandissimo rischio e non lo sanno. Rischiano di eleggere a Capo dello Stato il clone di re Silvio. Almeno a sentire le parole del signor Franco Frattini, ministro degli Esteri del Berlusconi III. Secondo l'espertissimo ministro, infatti, “i punti di contatto tra Berlusconi e Obama sono tanti e si notano”. Frattini sottolinea "giustamente" come Obama e Silvio siano "entrambi nati in un ghetto", "entrambi si siano riscattati con lo studio e con la volontà" ed "entrambi si riconoscano nel sogno americano". Ora, a parte il fatto che trovo difficile associare il termine "ghetto" all'ambiente in cui Silvio ha trascorso la sua infanzia (per conferma, senza dilungarmi troppo, rimando a Wikipedia) e che, a naso, non credo che per Silvio il concetto di "sogno americano" sia proprio uguale a quello di Obama, forse bisognerebbe dire al ministro che le differenze tra l’uno e l’altro, in realtà, non sono poi dei "trascurabili dettagli". Giusto per citare alcune cosette: 1) il giudizio sul quasi ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush, che Silvio considera un gigante della Storia, mentre Obama no; 2) e che dire delle opposte posizioni sulla guerra contro l’asse del Male, che procede per bombardamenti e invasioni; 3) per caso anche il buon Obama ritiene super-affidabile l’amico Putin? mah!; 4) e su Kyoto? Vi sembrerà strano, ma questi, per il fedele Frattini, sono punti di dissenso che, grazie al cielo, "non si notano". Cosa non si fa per accondiscendere e beatificare il proprio padre-padrone. E tutto sommato poteva andare anche peggio: nel suo delirio adulatorio il buon ministro avrebbe potuto citare altre incredibili somiglianze, come l’altezza, la struttura longilinea, il portamento, il taglio dei capelli, l’accento, e soprattutto il colore della pelle. Nonostante, quindi, l'involontario tentativo del ministro Frattini di denigrare il buon Obama con paragoni irriverenti, io tifo per lui... Obama for President!